La nostra città, a seguito di una politica urbanistica incerta e contraddittoria, e di un Piano regolatore generale pieno di lacune ed errori,  si presenta oggi come un nucleo urbano drammaticamente frazionato e slabbrato.

Un agglomerato di interventi spesso incoerenti, che hanno indebolito fino quasi ad annullare la qualità degli spazi pubblici, dei luoghi urbani e, addirittura, degli stessi fabbricati.  Una città nella quale interi quartieri versano in uno stato di  estremo degrado ed in cui l’edilizia pubblica e privata ha continuato ad aumentare il disordine urbanistico. Con una delle più grandi “167” d’Italia che ha prodotto tutto fuorché la risoluzione del problema dell’emergenza abitativa.

Il nuovo Piano Urbanistico Generale è una esigenza non più rinviabile, e va approvato il prima possibile. Sarà uno strumento importante per far ripartire l’intera città, agendo sul degrado urbano, liberando risorse, attirando investimenti, creando servizi e infrastrutture.

È da quasi vent’anni che le varie Amministrazioni comunali, di sinistra e di destra, si impegnano ad approvarlo. Inutilmente. Anche i Commissari, su questo, non hanno fatto un passo in avanti.

Il nuovo Piano dovrà rispondere ad una sfida decisiva: tradurre in regole e strumenti concreti una urbanistica nuova, incentrata sul recupero e la rigenerazione urbana, il miglioramento della rete dei servizi pubblici, la capacità di favorire lo sviluppo produttivo. 

Il procedimento di approvazione del PUG dovrà essere rapido, ma dovrà avvenire nella massima trasparenza, garantendo ai cittadini una partecipazione effettiva e l’informazione più ampia. Questa prospettiva comporta anche un’assunzione di responsabilità forte e senza alcuna ambiguità. Sia da parte della classe politica sia delle forze economiche e sociali, del mondo professionale e del lavoro. Non è un tema tecnico, per specialisti. Riguarda la vita, il benessere e il futuro di tutti i cittadini.

Abbiamo assistito, negli ultimi anni, ad un progressivo impoverimento della qualità degli spazi urbani, alla marginalizzazione delle periferie, alla decadenza del nostro centro storico.

La necessità di superare un Piano regolatore invecchiato e sbagliato, che ha spesso lasciato spazio a deroghe e varianti, deve quindi oggi accompagnarsi alla consapevolezza di dover guardare al territorio nella sua interezza. Abbiamo bisogno di una visione organica del nostro territorio comunale, sulla base di regole chiare, promuovendo interventi urbanistici attuati secondo le esigenze effettive della città. Semplificazione, riqualificazione, perequazione,  sostenibilità ambientale, dovranno essere le nuove parole-chiave. E dobbiamo tornare a pensare alla nostra città come capoluogo di una grande provincia. Occorre quindi  spostare l’attenzione da una logica soltanto incrementale dell’aggregato urbano ad una prospettiva molto più ampia, che comprenda la rivitalizzazione delle borgate cittadine, la realizzazione di adeguate reti infrastrutturali e produttive, la rivalutazione delle nostre zone agricole, la promozione del nostro patrimonio paesaggistico e culturale.

Non sarà facile, si tratta di un compito ambizioso e complesso. Ma si tratta di un passaggio importante per costruire un’altra Foggia.

Metteremo in campo vari “progetti pilota”, finalizzati alla riqualificazione   urbanistica di spazi ed aree centrali e periferiche,  con l’obbiettivo di rendere Foggia una città sostenibile e all’avanguardia.

Abbiamo in mente interventi in grado di trasformare le aree attualmente disgregate in luoghi densi di aggregazione, migliorando la qualità della vita nel rapporto città-abitanti, nel rispetto dell’ambiente.

A partire dal centro storico, l’obiettivo è quello di dare a ciascuna porzione di città una adeguata dotazione di servizi, mettendo in stretta connessione la funzione residenziale con quella produttiva e commerciale, quella lavorativa con quella didattica e ricreativa.

Seguendo questa traccia appare fondamentale un vero e proprio nuovo disegno di quartieri ormai degradati, come ad esempio quello settecentesco/ottocentesco. Anche in questo caso pensiamo a precisi “progetti pilota”, vista l’impossibilità di superare il degrado esistente con meri interventi di cosiddetta “ripulitura limitata”.

Una strategia che deve coinvolgere anche e soprattutto le periferie (i quartieri “CEP” e “Candelaro”, ad esempio), sottraendole a quella condizione di isolamento e di “quartieri dormitorio” a cui sono state relegate. La sfida è quindi quella di progettare la presenza di funzioni e servizi, luoghi per la gente, punti d’incontro, zone verdi e di raccordo con il centro urbano.